Prometteva di essere uno dei lavori più significativi del 2021 e, dopo tanti ascolti ripetuti e metabolizzati, la promessa è confermata. Anzi: Everything burns di R.Y.F. è diventato il mio disco italiano dell’anno insieme a Ira di Iosonouncane. L’artista Francesca Morello – l’acronimo R.Y.F. sta per restless yellow flowers, dagli “orribili fiori gialli inquieti” del Maestro e Margherita di Bulgakov, un primo amore letterario che l’accompagna nella trasformazione del suo stile e delle cose che ha da dire – ci ha affidato un disco teso e serpentesco, pieno di canzoni autonome, che brillano di luce propria anche fuori dalla tensione narrativa che le tiene insieme.

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Aiuta il fatto di averci sentito dentro, rielaborate in maniera personale, le compulsioni di artisti vecchi e nuovi, che fanno subito quella che chiamerei una scuola di sentimento: Peaches, Savages, Depeche Mode (Not going anywhere è una figliastra perfetta della band britannica) e Moor Mother, per la grammatica militante che non dimentica di fare arte. Ma c’è anche l’incantevole grunge/emo contemporaneo di My sis. È una delle canzoni-anatema che ci si sente mortificati a non poter cantare dal vivo. In realtà ogni brano di Everything burns meriterebbe una rubrica a sé, come Muzik, un altro pezzo che riflette la capacità di scrittura doppia di R.Y.F.: sta tanto dentro quanto fuori, è intimo e aperto – come possono essere certi brani dolenti e sinceri di Emma Ruth Rundle, di cui va assolutamente recuperato Engine of hell – fino alla coda gentile e affamata di Pocket full of ashes.◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1440 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati