“Il modo migliore per onorare quelle vittime è impedire che accada ancora”. Il 4 marzo, diversi giorni dopo il naufragio che ha provocato la morte di più di settanta persone al largo delle coste calabresi, Giorgia Meloni ha annunciato che il prossimo consiglio dei ministri si riunirà proprio a Cutro, ribadendo di essere mossa dallo spirito umanitario. Ha definito “surreale” il fatto che sui mezzi d’informazione si dica che “Meloni scappa”.

Certo, le domande a cui rispondere erano tante: perché la guardia costiera non è intervenuta? Perché non ci sono rotte sicure nel Mediterraneo? La presidente del consiglio, però, sembrava più propensa a parlare di un’altra vittima, lei stessa. Era sfinita dalle critiche: “Davvero, in coscienza, c’è qualcuno che ritiene che il governo abbia volutamente fatto morire sessanta persone?”. Ha inoltre invitato quelli che la criticano a essere “un minimo seri”.

In occasione della tragedia di Cutro gli alleati di Meloni hanno criticato l’opposizione per aver “politicizzato” i fatti invece di ammettere che il governo sta facendo del suo meglio

Il punto importante qui è l’idea di “pacificare” il confronto politico, a cui Fratelli d’Italia fa sistematicamente appello. L’invito a “essere un minimo seri” non riguardava la necessità che l’esecutivo rendesse conto del suo operato. Era invece una richiesta all’opposizione e alla stampa affinché adottassero toni più moderati. Sui social network circolava un’immagine in cui si accusava “la sinistra” di voler “mettere sotto processo il governo”, anche se il numero di morti in mare nel 2023 è molto al di sotto del totale negli ultimi anni. E pazienza se siamo ancora a marzo.

Quando a febbraio dei militanti di estrema destra a Firenze hanno picchiato degli studenti delle superiori, i ministri hanno condannato chiunque cercasse di “alzare la tensione” parlando di antifascismo. Poi, in occasione della tragedia di Cutro, gli alleati di Meloni hanno criticato l’opposizione per aver “politicizzato” i fatti invece di ammettere che il governo sta facendo del suo meglio. E il ministro degli esteri Antonio Tajani ha difeso il ministro dell’interno Matteo Piantedosi “perché ha sempre dato disposizione di intervenire a soccorrere in mare tutti i migranti”.

Non tutti hanno accolto l’invito al silenzio deferente, soprattutto dopo le parole offensive del ministro Piantedosi, che subito dopo il naufragio ha colpevolizzato le vittime. Non era la stessa Giorgia Meloni che nel 2015 chiedeva che il governo di Matteo Renzi fosse “indagato per strage colposa” dopo la morte di 58 persone nel canale di Sicilia? E non era sempre Meloni che nell’ultima campagna elettorale invocava un “blocco navale” contro le imbarcazioni dei migranti? Non avremmo dovuto prendere sul serio Fratelli d’Italia quando paragonava gli arrivi dei migranti in Italia a “scene che somigliano alla preoccupante profezia contenuta nel Campo dei santi”, il romanzo suprematista bianco di Jean Raspail in cui i buonisti e i marxisti favorivano l’invasione dei neri in occidente? E che dire di tutte le volte che Meloni ha parlato di “invasione” di migranti o di un piano per la “sostituzione etnica”, una minaccia che rischiava di “far estinguere il popolo italiano”?

A essere onesti, anche nei suoi appelli per il blocco navale la leader di Fratelli d’Italia faceva riferimento all’idea che impedendo le partenze si sarebbero salvate vite umane. I politici di estrema destra spesso riprendono l’appello ad “aiutarli a casa loro” per ribadire di avere a cuore gli interessi dei migranti purché se ne stiano lontani dall’Italia. Oltretutto è difficile sostenere che la guardia costiera non sia intervenuta a Cutro a causa delle politiche contro l’immigrazione. Tuttavia, in Europa le morti inutili di migranti sono correlate alle scelte repressive di dissuasione: i respingimenti dell’agenzia Frontex, la rinuncia a soccorrere le imbarcazioni o i centri gestiti da regimi autoritari, incaricati di “occuparsi” delle migrazioni.

La vacuità di queste preoccupazioni umanitarie traspare dall’ultimo appello di Meloni a potenziare la “lotta agli scafisti”, un ritornello arcinoto anche a passati ministri dell’interno come Marco Minniti, del Partito democratico: l’idea di punire gli sfruttatori che fanno pagare ai migranti migliaia di euro per attraversare il Mediterraneo. Tuttavia, come hanno spiegato Arci Porco Rosso e Borderline Europe in un recente rapporto, la distinzione tra chi trasporta i migranti e i migranti stessi è pretestuosa, visto che i “capitani” delle imbarcazioni arrestati spesso sono profughi a cui all’improvviso viene affidato il timone.

Un modo per impedire alle bande criminali di sfruttare gli immigrati sarebbe aprire percorsi sicuri nel Mediterraneo. Gli scafisti sono un capro espiatorio. Un modo per assolversi, per non fare i conti con la realtà e la necessità delle migrazioni di massa, considerando vicende come quella di Cutro una questione di singoli criminali che caricano le persone su bagnarole traballanti. Con questo governo, però, non c’è speranza che le cose possano andare diversamente. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1502 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati