Tutti sanno che Volodymyr Zelenskyj, prima di diventarlo davvero, ha interpretato il ruolo del presidente ucraino in una popolare serie televisiva, _ Servitore del popolo_. Questo fatto ha suscitato commenti ironici e ha permesso a molti commentatori di non prenderlo sul serio (come se avere per presidente un ex agente del Kgb fosse più normale). Per chi non la conoscesse, ecco la trama della serie: “Filmato durante uno sproloquio pieno di parolacce sulla corruzione in Ucraina da uno studente che poi carica il video su YouTube, Vasilij Petrovych Goloborodko, un insegnante di storia del liceo che vive con i suoi genitori, diventa da un giorno all’altro un fenomeno di internet. Gli studenti di Goloborodko lanciano a sua insaputa una campagna di crowdfunding per registrare la sua candidatura alle presidenziali ucraine, che porta poi il loro sbalordito insegnante alla vittoria elettorale. Dopo aver assunto l’incarico, Vasilij è in difficoltà, ma gradualmente prende confidenza con il nuovo incarico e decide di eliminare la corruzione degli oligarchi dal governo”.

Le persone vicine a Zelenskyj dichiarano che lui, una volta diventato presidente, ha effettivamente cercato di essere all’altezza del suo ruolo. Ma ci è riuscito? Una cosa è certa: nella serie tv il paese è descritto in modo molto realistico. Di tutti gli stati post-comunisti dell’Europa orientale, l’Ucraina ha sofferto di più la “terapia d’urto” della restaurazione capitalistica: nei trent’anni successivi all’indipendenza i redditi e la qualità della vita sono rimasti al di sotto dei livelli del 1990, la povertà è diventata dilagante, le autorità non sono riuscite a frenare la corruzione, i processi sono stati una farsa.

La “conversione” al capitalismo ha seguito il solito schema: gli oligarchi e una ristretta élite si sono arricchiti a dismisura

Insomma la “conversione” al capitalismo ha seguito il solito schema: una classe di oligarchi e una ristretta élite si sono arricchite a dismisura, depredando il settore pubblico con la complicità della classe politica. Se a questo aggiungiamo i vincoli imposti dall’occidente per avere un aiuto finanziario (il denaro era strettamente legato alle riforme che l’Ucraina doveva realizzare, tutte all’insegna dell’austerità), emerge un quadro triste.

Questa, non una fiorente democrazia, è la terra che la Russia ha invaso.

Grazie ai miei contatti a Mosca ho capito che, oltre a un gruppo di consiglieri ortodossi conservatori, tra le persone di fiducia di Vladimir Putin ci sono anche dei marxisti che gli hanno dato consigli su come presentare la posizione della Russia ai paesi in via di sviluppo. Ci sono tracce di questa linea “marxista” in un discorso del presidente russo del 16 agosto: “Il mondo sta cambiando in maniera dinamica e i contorni di un ordine multipolare stanno prendendo forma. Sono sempre di più i paesi e i popoli che stanno scegliendo un percorso di sviluppo libero e sovrano basato sulla propria identità, sulle proprie tradizioni e sui propri valori. Questi processi però sono contrastati dalle élite globaliste occidentali, che provocano il caos, alimentano conflitti vecchi e nuovi, e perseguono la cosiddetta politica di contenimento, che in realtà equivale a sovvertire qualsiasi possibilità di sviluppo alternativo e sovrano”.

Due dettagli, naturalmente, rovinano questa presunta immagine “marxista”. La sovranità “basata sulla propria identità, sulle proprie tradizioni e sui propri valori”, che significa tollerare quello che sta succedendo in Corea del Nord o in Afghanistan. La vera solidarietà di sinistra si fonda sugli antagonismi in ogni “distinta identità”, sulla costruzione di una rete di legami tra le lotte per l’emancipazione in ogni paese: in Afghanistan dovremmo quindi concentrarci sulla condizione delle donne che subiscono le conseguenze della presunta “identità distinta” del paese.

Anche se Kiev proteggerà la sua indipendenza, la difesa vittoriosa sarà per lei il momento della verità. Dovrà imparare che non basta aderire all’Unione europea e inevitabile

Quanto al sovvertimento di “qualsiasi possibilità di sviluppo alternativa e sovrana”, la Russia non sta facendo esattamente questo in Ucraina? Forse Kiev non merita questa possibilità? L’immagine “marxista” non deve ingannarci: è una componente chiave di tutti i movimenti di estrema destra nel mondo. Marine Le Pen in Francia si presenta come la protettrice della gente comune e sostiene di battersi contro le multinazionali che promuovono il multiculturalismo e la depravazione sessuale per minare le identità nazionali. La cosiddetta _alt-right _statunitense non solo somiglia spesso alla vecchia sinistra radicale, dato che attacca lo “stato profondo” e ne auspica perfino il rovesciamento violento, ma addirittura a volte dice di aver raccolto la sua eredità. Steve Bannon, un sedicente “leninista”, invoca un’alleanza tra questa destra estrema e la sinistra radicale per sconfiggere le élite. E, per tornare al modello originale, non dimentichiamoci che Adolf Hitler era a capo del Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori.

Quando gli esponenti della sinistra attuale criticano il sostegno occidentale all’Ucraina, ripetono il luogo comune secondo cui la guerra in corso si trascina perché serve a dare impulso al complesso militare e industriale dell’occidente. Un pregiudizio stupido che potrebbe essere applicato anche alla seconda guerra mondiale: quel conflitto non diede forse un grande impulso all’industria militare statunitense, visto che solo dopo la sua fine gli Stati Uniti si lasciarono effettivamente alle spalle la grande depressione?

C’è un altro aspetto di quello che succede in Ucraina che merita attenzione. In un mondo minacciato dal riscaldamento globale e da altri sconvolgimenti ecologici, il possesso di terra fertile è considerato un bene importante: ecco perché Bill Gates e altri miliardari investono buona parte della loro ricchezza in grandi proprietà agricole o foreste. E la terra fertile è la più grande risorsa dell’Ucraina: i suoi campi sono pieni di černozëm, un terreno di colore nero che contiene un’alta percentuale di humus. Il černozëm è molto fertile e, grazie alla sua capacità d’immagazzinare umidità, può generare un’elevata resa agricola.

Non c’è quindi da meravigliarsi se da decenni le grandi aziende sono interessate a comprare terreni in Ucraina: almeno un terzo di questi campi è già di proprietà di aziende statunitensi e dell’Europa occidentale. Consapevole della minaccia, vent’anni fa l’Ucraina impose una moratoria sulla vendita agli stranieri, che il dipartimento di stato statunitense, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale hanno ripetutamente chiesto di rimuovere. Sotto il peso di quest’immensa pressione, il governo Zelenskyj ha ceduto nel 2020.

La buona notizia, nonostante gli orrori della guerra, è che il conflitto in corso sembra interrompere nel breve termine questo progetto neoliberista, visto che richiede una mobilitazione sociale e il coordinamento della produzione. Inoltre potrebbe offrire la possibilità di sbarazzarsi della corruzione e dell’oligarchia che dominavano dopo la conquista dell’indipendenza.

Ma l’Ucraina sarà in grado di sfruttare questa possibilità? La triste ironia è che, mentre la Russia la sta colonizzando con le armi, non è del tutto falsa l’affermazione del Cremlino secondo cui dopo il 1990 Kiev è diventata una colonia economica occidentale.

Anche se l’Ucraina – come si spera – proteggerà la sua indipendenza, la sua difesa vittoriosa sarà per lei il momento della verità. Dovrà imparare che non basta mettersi al passo con l’occidente e aderire all’Unione europea. Per due motivi. Il primo è che la democrazia occidentale è in profonda crisi e cova un profondo malcontento: gli Stati Uniti si stanno avvicinando alla guerra civile ideologica e l’Europa sta cadendo a pezzi, con i paesi post-comunisti che si avvicinano a un nuovo autoritarismo illiberale. In secondo luogo, un’Ucraina vittoriosa e indebitata con gli Stati Uniti e l’Unione europea riuscirà a resistere alla pressione ancora più forte della colonizzazione economica occidentale?

Questa lotta è già in corso. Possiamo solo sperare che il risultato finale non sia la colonizzazione neoliberista, come spesso è successo quando l’occidente ha aiutato paesi che combattevano per la libertà e la democrazia. Per evitare questa sorte l’Ucraina dovrà reinventarsi. Essere una colonia economica dell’occidente è sicuramente meglio che scomparire all’interno del nuovo impero russo, ma non è abbastanza. Non è degno delle sofferenze che l’Ucraina sta attraversando oggi. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1475 di Internazionale, a pagina 39. Compra questo numero | Abbonati