I sudanesi stanno pagando un prezzo altissimo per gli ultimi tre mesi di conflitto tra fazioni rivali. I negoziati non decollano e le violenze sembrano ormai fuori controllo Leggi
Il governo ha modificato un disegno di legge che dava la possibilità di perseguire reati molto gravi anche se non commessi da cittadini italiani o sul territorio nazionale Leggi
Finora le sanzioni occidentali avevano risparmiato il presidente russo. Il mandato di arresto della Corte penale internazionale cambia le cose. E Mosca sarà sempre più isolata Leggi
La decisione della Corte penale internazionale di indagare nei territori occupati da Israele è l’ultima speranza per i palestinesi e un’occasione per il tribunale di dimostrare la sua indipendenza. Leggi
Donald Trump vuole sanzionare i giudici che si preparano a indagare su eventuali crimini di guerra commessi in Afghanistan dagli Stati Uniti. Che non hanno mai riconosciuto il tribunale permanente e la sua legittimità. Leggi
La Corte penale internazionale (Cpi), competente in materia di processi ai criminali di guerra, ha emesso solo nel 2016 per la prima volta una condanna per violenze sessuali commesse in zone di conflitto. Al lento funzionamento della Corte, alle scelte fatte dal procuratore Moreno-Ocampo, si aggiungono le poste in gioco politiche difficilmente compatibili con la fine dell’impunità dei criminali. Leggi
Uno dopo l’altro i paesi abbandonano la Corte penale internazionale, il tribunale incaricato di giudicare chi è accusato di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra. Il 16 novembre è stata la volta della Russia. Leggi
Il governo del Sudafrica annuncia che riprenderà in considerazione la sua adesione alla Corte penale internazionale (Cpi) in seguito alle polemiche scoppiate per la visita del presidente del Sudan Omar al Bashir a Johannesburg il 14 giugno per partecipare a un vertice dell’Unione africana (Ua). La Cpi, che ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti di Bashir per crimini contro l’umanità e genocidio in Darfur, ha chiesto al Sudafrica di arrestarlo. Ma prima che un tribunale di Pretoria si esprimesse sulla richiesta, Bashir è volato in Sudan, nonostante l’ordine di trattenersi nel paese fino al verdetto.
Gwede Mantashe, segretario generale dell’African national congress (Anc), al potere, ha definito la Cpi “pericolosa” e diversi funzionari del governo l’hanno accusata di pregiudizi nei confronti dei leader africani. Il governo ha precisato che riprenderà in esame l’adesione del paese allo statuto di Roma, che definisce la giurisdizione e il funzionamento della Corte penale internazionale, ma che il ritiro è solo “l’ultima possibilità”.
Il 25 giugno una delegazione guidata dal ministro degli esteri palestinese Riyad al Maliki sarà all’Aja per presentare alla Corte penale internazionale (Cpi) una serie di documenti che denunciano le presunte violazioni del diritto internazionale da parte di Israele. Leggi
Il 15 giugno il presidente sudanese Omar al Bashir, su cui pende un mandato d’arresto per genocidio e crimini di guerra spiccato dalla Corte penale internazionale (Cpi), ha abbandonato prima della conclusione un vertice dell’Unione africana in Sudafrica. La corte suprema sudafricana stava per ordinare che fosse arrestato e consegnato alla Cpi, ma il governo del Sudafrica ha permesso che Al Bashir lasciasse il paese. Leggi
I giudici dell’alta corte sudafricana hanno ordinato l’arresto del presidente del Sudan Omar al Bashir. Il verdetto è stato emesso qualche ora dopo la partenza di Bashir dall’aeroporto di Johannesburg, in violazione del precedente ordine di un tribunale sudafricano che impediva al presidente sudanese di lasciare il paese. I giudici si sono detti amareggiati dal fatto che le autorità non hanno rispettato l’ordine di trattenere Bashir in Sudafrica.
La Corte penale internazionale (Cpi) aveva chiesto al Sudafrica di arrestare il presidente del Sudan, arrivato nel paese per partecipare a un summit dell’Unione africana. Bashir è accusato di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio per il conflitto in Darfur. L’alta corte di Pretoria aveva preso del tempo per valutare la richiesta. Il Sudafrica ha sottoscritto nel 1998 lo Statuto di Roma che ha istituito la Cpi.
Il governo del Sudan ha confermato che il presidente Omar al Bashir ha lasciato il Sudafrica ed è rientrato nel suo paese. L’aereo presidenziale era decollato da Johannesburg questa mattina, ma la presenza a bordo del capo di stato sudanese non era stata confermata.
Omar al Bashir era andato in Sudafrica il 14 giugno per partecipare a un vertice dell’Unione africana. La Corte penale internazionale (Cpi) aveva chiesto al Sudafrica di arrestarlo ed era in atto la valutazione della richiesta da parte dell’alta corte di Pretoria. Nel frattempo un tribunale sudafricano aveva ordinato ad Al Bashir di non lasciare il paese fino alla pubblicazione del verdetto. All’arrivo di Bashir in Sudan si terrà una conferenza stampa.
La Cpi ha emesso due mandati di arresto internazionali nei confronti di Omar al Bashir, nel 2009 e nel 2010, per crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio, commessi durante il conflitto nella regione del Darfur.
La Corte penale internazionale (Cpi) ha esortato il Sudafrica ad arrestare il presidente del Sudan, Omar al Bashir, che si trova nel paese per partecipare a un summit dell’Unione africana. La giustizia sudafricana ha vietato a Bashir di lasciare il paese finché non si sarà pronunciata sulla richiesta di arresto. Il verdetto dovrà essere emesso nel corso della giornata.
Nel 2009 la Cpi ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti di Bashir, 71 anni, accusato di crimini contro l’umanità e genocidio per il conflitto nella regione del Darfur. Il presidente, al potere in Sudan dal 1989 e rieletto con il 94 per cento dei voti alle elezioni dello scorso aprile, ha respinto ogni accusa.
Il mandato di arresto gli impedisce di compiere viaggi fuori dal continente, ma Bashir ha visitato spesso paesi amici in Africa e in Medio Oriente. È arrivato a Johannesburg per partecipare a un summit dell’Unione africana (Ua), che si concentrerà in particolare sulla crisi politica in Burundi, ed è stato calorosamente accolto dalle autorità sudafricane. In altre occasioni l’Ua si è rifiutata di collaborare con la Corte penale internazionale, che accusa di pregiudizi nei confronti dei leader africani.
La Palestina è diventata ufficialmente un paese membro della Corte penale internazionale (Cpi). Nella sede del tribunale all’Aja si è svolta una cerimonia nel corso della quale il ministro degli esteri palestinese Ryad al Malki ha ricevuto una copia simbolica dello statuto di Roma, il trattato internazionale che definisce i princìpi fondamentali della corte. L’ingresso della Palestina offre la possibilità di aprire un fascicolo contro i leader israeliani per crimini di guerra e crimini legati all’occupazione.
L’ambasciatore palestinese all’Onu, Riyad Mansour, aveva consegnato ufficialmente la domanda di adesione della Palestina alla corte il 2 gennaio, dopo la bocciatura da parte del Consiglio di sicurezza della risoluzione palestinese per la fine dell’occupazione israeliana in Cisgiordania. Poco dopo il presidente Abu Mazen aveva presentato alla corte un documento in cui autorizza la procuratrice Fatou Bensouda ad avviare le indagini su chiunque sia sospettato di crimini nei Territori palestinesi dopo il 13 giugno 2014. Afp
La Palestina depositerà la sua prima denuncia contro Israele davanti alla Corte penale internazionale (Cpi) il 1 aprile. È lo stesso giorno in cui entra in vigore l’adesione della Palestina al tribunale. La denuncia riguarderà il conflitto a Gaza del luglio 2014 e la colonizzazione israeliana in Cisgiordania. L’annuncio è stato dato dai vertici dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), prima di una riunione di 130 componenti del Consiglio centrale a Ramallah.
La Palestina ha aderito alla Cpi con l’intenzione di denunciare Israele per “crimini di guerra”. Afp
Uno dei comandanti dei ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) è comparso per la prima volta davanti alla Corte penale internazionale (Cpi) all’Aja. Sarà processato per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Dopo essersi presentato, Dominic Ongwen, 34 anni, ha ringraziato dio “per aver creato il cielo e la terra”. La giudice Ekaterina Trendafilova ha fissato un’udienza preliminare per il 24 agosto. Al Jazeera
Dominic Ongwen, uno dei principali leader ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) è in viaggio verso l’Aja per essere processato per crimini di guerra e crimini contro l’umanità alla Corte penale internazionale (Cpi). Ongwen era stato preso il custodia dai militari statunitensi all’inizio del mese nella Repubblica Centrafricana. Nel 2005 la Cpi aveva emesso un mandato di cattura contro di lui e nel 2013 gli Stati Uniti avevano messo una taglia da cinque milioni di dollari sulla sua testa.
Ongwen è un ex bambino soldato, rapito dall’Lra quando aveva dieci anni. In venticinque anni ha scalato i vertici del gruppo ribelle guidato da Joseph Kony, che ha seminato il terrore in diversi paesi dell’Africa centrale. Afp
Il presidente palestinese Abu Mazen ha firmato lo statuto di Roma per aderire alla Corte penale internazionale (Cpi). L’annuncio arriva dopo che è stata respinta la risoluzione per il ritiro di Israele dalla Cisgiordania al consiglio di sicurezza dell’Onu.
L’adesione alla Corte penale internazionale permetterebbe alla Palestina di denunciare Israele per i presunti crimini di guerra commessi a Gaza. Al Jazeera
La Corte penale internazionale (Cpi) ha deciso di processare Charles Blé Goudé, alleato dell’ex presidente della Costa d’Avorio Laurent Gbagbo. La data del processo non è ancora stata stabilita e la difesa può ricorrere in appello contro la decisione.
La Cpi ha inoltre chiesto l’estradizione all’Aja di Simone Gbagbo, moglie dell’ex presidente, in carcere in Costa d’Avorio. Goudé e i coniugi Gbagbo sono accusati di crimini contro l’umanità per aver fomentato le violenze seguite alle elezioni presidenziali del 2010 vinte dal rivale di Gbagbo, Alassane Ouattara, che hanno provocato tremila morti.
Goudé, ex capo del “giovani patrioti”, un movimento a favore dell’ex presidente, è stato arrestato nel gennaio del 2013 in Ghana ed è stato estradato in Costa d’Avorio per poi essere trasferito all’Aja nel marzo di quest’anno. Laurent Gbagbo è detenuto all’Aja e sarà processato nel 2015. Reuters, Afp
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