Profezia è predire il presente, ovvero P.P.P., ovvero Pier Paolo Pasolini. Sono passati cinquant’anni dall’omicidio di Pasolini a Ostia, ma potrebbero essere secoli per come le sue scritture corsare sono diventate sacre, loro stesse una pala d’altare. Corsare e sacre sono anche le idee e le musiche che gli dedica Massimo Zamboni in P.P.P. Profezia è predire il presente (Le Vele – Egea Records) con brani modellati sullo scrittore friulano rinato romano. Un territorio che aveva già attraversato con Sorella sconfitta (sebbene sia mio quel corpo / quel corpo non è me / il mio corpo è un passaporto falso / un sacro niente) e inediti come Tu muori e Cantico cristiano (sapessi che effetto che mi fa un cantico cristiano alla mia età / universi incendiati, un tremare interiore).
Anche se i riferimenti di Zamboni e il dialogo fraterno che instaura con Pasolini non possono aggirare il materialismo storico dell’ultimo novecento italiano, sempre in crisi, è interessante ascoltare questo disco alla luce della pubblicazione in italiano di un testo indispensabile per l’architettura del pensiero contemporaneo: Ottimismo crudele di Lauren Berlant (Timeo, traduzione di Chiara Reali e Giorgia Demuro), in cui il presente è un genere temporale mediato dall’affetto e non il “narcisismo dell’adesso” e, volendo ridurre in memento motivazionale un testo così felice e complesso, ciò che si desidera per una buona vita è l’ostacolo stesso a questa vita. Chissà cosa ne avrebbe detto Pasolini di questo ottimismo della volontà di Gramsci che si fa inevitabilmente cenere eppure non sparisce. ◆
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1600 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati