Ho tre figli tra i 21 e i 29 anni. Il primogenito si è laureato in medicina in un’altra città; il secondo lavora da quattro anni, dopo aver studiato per due anni una volta finite le superiori; la terza frequenta un corso di laurea vicino a casa. Tre scelte diverse, che hanno comportato un diverso impegno economico da parte nostra. Secondo me, avendo offerto a tutti le stesse possibilità, non c’è stata disparità di trattamento. Secondo mio marito, dovremmo in qualche modo “compensare” i due per cui abbiamo speso meno. L’equità sta nell’offrire le stesse possibilità o nel dividere in parti uguali i nostri beni?–Giovanna

Quando ho posto la tua domanda ad alcuni amici a cena, uno di loro ha detto: “Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”. Ma anche senza scomodare Karl Marx, che a sua volta citava gli Atti degli apostoli , credo che la risposta debba basarsi su un principio semplice: le risorse delle famiglie, non solo quelle economiche ma anche quelle umane, non vanno necessariamente distribuite in parti uguali. Perfino l’eredità, che per definizione dovrebbe essere una perfetta divisione tra i figli, può essere invece sbilanciata se c’è una situazione particolare che lo richiede. Per esempio pensa a quando c’è un figlio disabile.

Il modo in cui suddividete soldi, tempo, attenzioni, possibilità o preoccupazioni tra i figli può cambiare a seconda delle loro fasi di vita o dei loro bisogni pratici. L’importante è spiegare a tutti e tre le vostre scelte, per ricordargli che la famiglia non è una banca ma una rete di sicurezza.

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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati