“Se finirà nel fuoco, allora dovremmo bruciare tutti insieme!”. Queste parole non sono tratte da una poesia apocalittica, ma dall’autobiografia del 2o21 di Giorgia Meloni, la leader del partito di estrema destra Fratelli d’Italia. Una chiamata alle armi lontana dallo stile più prosaico usato di solito dai politici. Ma Meloni, il cui partito ha ancora il simbolo adottato dai gerarchi del regime di Mussolini e si definisce “postfascista”, non è un personaggio politico tradizionale. O almeno non lo è stata fino a oggi. Eppure, due mesi dopo l’uscita della sua autobiografia, che è stata un successo, il partito di Giorgia Meloni è finito per la prima volta in testa ai sondaggi. Da allora è rimasto sempre sopra al 20 per cento e ha rappresentato la principale forza d’opposizione alla coalizione di governo guidata da Mario Draghi.

Il 20 luglio, con un colpo di scena, il governo è caduto. Le elezioni anticipate, previste a settembre, potrebbero far diventare Fratelli d’Italia il primo partito di estrema destra a guidare un importante paese dell’eurozona. Per l’Europa e per l’Italia sarebbe un terremoto. Ma sarebbe anche un bel risultato per un partito che nel 2018 aveva solo il 4 per cento dei voti. Al cuore di questo successo c’è proprio Meloni, che mescola sapientemente le paure per il declino della civiltà occidentale con aneddoti alla buona sulle sue vicende familiari, Dio e l’Italia. Mentre dialoga con la cultura pop e lo scrittore J.R.R. Tolkien – la frase iniziale dell’autobiografia, tratta da una canzone di Ed Sheeran che fa da colonna sonora a un film della saga dello Hobbit, combina entrambi gli elementi – si presenta come una leader alla mano. Ma il successo di Fratelli d’Italia non è dovuto solo all’aver ammorbidito il suo messaggio. È anche una conseguenza del crollo delle barriere tra il centrodestra e l’estrema destra in Europa occidentale e negli Stati Uniti. Indebitata, socialmente divisa e politicamente instabile, l’Italia è il paese in cui il processo è più avanzato. È un buon punto di osservazione per capire come potrebbe essere il futuro.

Fratelli d’Italia potrebbe diventare il primo partito di estrema destra a guidare un importante paese dell’eurozona. Per il continente e per l’Italia sarebbe un terremoto

Non è la prima volta che l’Italia fa da apripista. È stato il primo paese a essere conquistato dal fascismo. Nel dopoguerra ha sperimentato il centrismo della Democrazia cristiana e diverse innovazioni a sinistra. La fine della guerra fredda ha provocato la più notevole anticipazione del futuro: dopo il crollo dei partiti di massa, a imporsi è stato Silvio Berlusconi, un miliardario che si presentava come outsider e contro il sistema, usando le sue televisioni per assicurarsi il consenso e inquinando il dibattito pubblico.

In questo contesto è emerso Fratelli d’Italia. Come gli altri partiti di estrema destra europei, deriva da una formazione fascista o collaborazionista, e per molto tempo è rimasto ai margini della politica nazionale. Negli anni novanta, con Berlusconi, ai postfascisti è stato consentito di avere ruoli di secondo piano nel governo. Ma negli ultimi anni Fratelli d’Italia è diventato l’unica forza trainante della destra e oggi è a capo dell’alleanza elettorale che include anche la Lega e Forza Italia. A favorire questa ascesa, nonostante il partito insista sul taglio delle tasse e apra al mondo degli affari, c’è il malessere economico dell’Italia, amplificato dalla pandemia. In questa atmosfera di crisi, il messaggio di Fratelli d’Italia – la salvezza nazionale passa dal rifiuto dei migranti e dalla difesa della famiglia tradizionale – ha trovato un pubblico ricettivo. E questo non succede solo in Italia: il partito spagnolo di estrema destra Vox, che fa l’apologia del regime di Franco e nei sondaggi è al 20 per cento, s’ispira a Meloni.

Ancor più di Marine Le Pen, Meloni si sforza di affermare le credenziali mainstream del suo partito. Ha scelto una politica estera atlantista – lealtà all’Unione europea e alla Nato, e ferma opposizione alla Russia e alla Cina – anche se al suo interno il partito porta avanti un programma reazionario. Fratelli d’Italia però ha fatto qualche concessione alla sua ala estrema. Quando a ottobre i neofascisti di Forza nuova hanno attaccato la sede di un sindacato a Roma, il partito ha preso le distanze dal gruppo, ma si è astenuto sulla mozione parlamentare per metterlo al bando. Sotto l’etichetta postfascista hanno trovato posto anche sottoculture militanti. Lo scorso autunno un’inchiesta giornalistica ha portato alla luce le accuse di riciclaggio di denaro, finanziamento illecito ai partiti e legami con i neonazisti nell’organizzazione del partito a Milano.

A parte questi legami poco rassicuranti, Fratelli d’Italia non attrae solo i nostalgici di Mussolini. La violenza neofascista è a livelli più bassi rispetto agli anni settanta, ma la conquista della leadership della coalizione di destra da parte di persone che si considerano eredi di quella tradizione è allarmante, e non vale solo per l’Italia. Forse non bruceremo tutti nel fuoco. Ma se l’estrema destra andrà al governo, in Italia o altrove, a qualcuno di noi succederà. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1474 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati