Chi ha seguito per mesi e mesi con apprensione i numeri quotidiani della pandemia su Sky Tg24 o altrove ha capito piano piano che ammalarsi e caso mai morire tra il sabato e il martedì non fa storia. I giorni di qualche catastrofica affidabilità sono in linea di massima il mercoledì, il giovedì e un po’ il venerdì. Negli altri, o perché probabilmente si fatica a organizzare turni adeguati, o per altre ragioni ignote a noi inesperti, si ha l’impressione che il virus si goda un meritato riposo. Certo c’è di bello che lì per lì gli svariati numeretti lasciano ben sperare, il weekend dei sani passa lieto. Ma poi risultano inevitabilmente un abbaglio. Col tempo infatti abbiamo imparato che le cose vanno male o malissimo anche nel fine settimana, solo che i numeri sono come impigriti. Speriamo a questo punto che la cosa non si verifichi anche con la grande trionfale campagna di vaccinazione in atto. Essa deve portarci, com’è noto, a una media di cinquecentomila vaccinati al giorno e, in luglio, all’immunità di gregge promessa dal nostro pastore Draghi. Conficcare aghi a ritmo di battaglia – l’espressione deriva da una scena del famoso film Ben-Hur – è cosa che il generale Figliuolo deve sorvegliare battendo, in grande uniforme, il tempo coi tamburi. Sarebbe seccante se si desse il meglio, in un momento come questo, solo il mercoledì, giovedì e un po’ il venerdì.

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Questo articolo è uscito sul numero 1404 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati