Il finale di Zazie nel metrò (1959), capolavoro di Raymond Queneau tradotto da Franco Fortini nel 1960, va bene ogni volta che dobbiamo constatare che le cose a cui tenevamo non sono accadute. Sono poche righe di dialogo: “Allora, ti sei divertita?”. “Così”. “L’hai visto, il metrò?”. “No”. “E allora, che cosa hai fatto?”. “Sono invecchiata”. Fortini sottolineava, nella nota del traduttore, che essendo Queneau autore sotto il segno dell’ambiguità, “invecchiata” – nell’originale – conviveva con “cresciuta”. Infatti Zazie è una ragazzina e invecchia crescendo. Ma il testo funziona anche se si ha un’età in cui si invecchia deperendo, basta adattarselo: “Allora, ti sei divertito?”. “Così”. “L’hai vista la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo?”. “No”. “L’hai vista la fine della violazione dei diritti umani?”. “No”. “L’hai vista la fine dei pessimi governi, delle nazioni e degli imperi coi confini segnati da fiumi di sangue, del saccheggio cieco del pianeta?”. “No”. “L’hai vista la fine della minaccia atomica?”. “No”. “L’ha vista una scuola che assicuri a tutti un’istruzione di elevata qualità?”. “No”. “L’hai vista la fine delle disuguaglianze, delle discriminazioni, del massacro di donne?”. “No”. “E allora, che cosa hai fatto?”. “Sono invecchiato”. O, peggio, sono cresciuto, e se nel metrò Zazie forse ci andrà, io non riesco nemmeno a sognarmelo più.

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Questo articolo è uscito sul numero 1478 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati