Fare i conti con le immagini è complicato. Mostrano sempre il presente e per coniugarle sono necessarie le parole. Per esempio, devo chiarire che il neonato con vestina che appare in fotografia da ben ottant’anni – sempre lo stesso – sono io, e che otto decenni fa si metteva la vestina anche ai maschi. D’altra parte, se pure con grammatica, sintassi, e un po’ di fantasia, mi impegnassi a cavare da quella foto un ampio commosso racconto ambientato – mettiamo – nel 1943, l’immagine resterebbe comunque al presente e non smetterebbe di affermare con forza: sì, ecco un esserino con la veste, l’espressione un po’ tonta, qui, adesso. La stessa cosa si può dire della nota foto del viceministro Galeazzo Bignami. Se n’è parlato molto; c’è stato un impiego massiccio dell’imperfetto, del passato remoto, del passato prossimo; si è fissata la data dello scatto tra frasi compunte. Tutto inutile. Anzi le parole hanno aiutato l’immagine a evidenziare più intensamente un presente di giovane in divisa nazi, e a ribadire: sì, sì, ecco, qua, ora, un neofascista che se la ride con la svastica al braccio. L’immagine, con quel suo innegabile mostrare un eterno adesso, ha resistito. E Bignami, tutto sommato, dovrebbe essere grato a Fedez, che gli è venuto in soccorso almeno sul piano simbolico e ha stracciato in pubblico la foto. Se l’avesse fatto il viceministro stesso, sarebbe stato meglio.

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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati