P oche ore dopo l’attacco di Vladimir Putin all’Ucraina la critica teatrale russa Marina Davidova ha scritto una lettera aperta contro la guerra. Il parlamento russo ha risposto accelerando l’approvazione di una legge che prevede condanne fino a quindici anni di carcere per chi critica l’invasione. Davidova è stata subito attaccata, ha ricevuto email cariche d’odio e il giorno dopo ha trovato sulla porta di casa la famigerata lettera Z bianca, impressa sui veicoli militari russi in Ucraina. È fuggita dalla Russia. Una volta fuori dal paese, ha scoperto una nuova realtà. Quando era a Mosca i servizi di sicurezza la trattavano come una traditrice. Nell’Europa occidentale però è considerata un’occupante, una complice di Putin. Le sue carte di credito russe non funzionano più e il suo conto corrente austriaco è stato bloccato. Non conta la sua storia, solo il suo passaporto. Sotto voce i suoi amici le dicevano che il concetto di “russo buono” apparteneva al passato.

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Gli europei che criticano i comuni cittadini russi perché non si oppongono in massa alla guerra hanno ragione, ma gli sfugge una sfumatura importante: oggi a Mosca c’è un brutale stato di polizia e secondo Putin essere un traditore (e per lui chiunque si opponga alla guerra lo è) è peggio che essere un nemico. In un’occasione Putin l’ha detto chiaramente: “I nemici ti stanno davanti, sei in guerra con loro, poi fai un armistizio e tutto è chiaro. Un traditore dev’essere schiacciato”. Con la loro resistenza alla macchina bellica russa gli ucraini si sono guadagnati lo status di nemici di Putin. Quando si parla di opposizione interna, però, l’unica opzione per lui è distruggerla.

Gli europei che criticano i cittadini comuni russi perché non si oppongono alla guerra hanno ragione, ma gli sfugge una sfumatura: oggi a Mosca c’è un brutale stato di polizia

È facile capire perché chi sta fuori dalla Russia si sia schierato contro Mosca. Putin non ha distrutto solo l’infrastruttura militare ed energetica dell’Ucraina, ha devastato l’infrastruttura morale dell’Europa postbellica. Giustificando la sua invasione come una “operazione speciale” per “denazificare” l’Ucraina, Putin ha preso di mira le fondamenta su cui è stato edificato l’ordine europeo. E ponendo gli armamenti nucleari russi in uno stato di “allerta elevata” ha oltrepassato una linea che non era stata più superata dalla crisi dei missili a Cuba di sessant’anni fa. L’occidente è in guerra contro il regime di Putin e questo conflitto durerà più a lungo della battaglia in Ucraina. È chiaro che le sanzioni non hanno lo scopo di far cambiare idea a Putin ma puntano a distruggere il suo potere. Colpiranno anche i cittadini comuni russi. Dato che Mosca è una potenza nucleare, l’occidente non ha altra scelta. Qualcuno fuori dalla Russia spera in un colpo di stato a Mosca, ma difficilmente ci sarà. La storia insegna che in una crisi come questa la maggioranza delle persone comuni, così come le élite, all’inizio si schiera con il leader. Solo con il passare del tempo cambia idea.

Mentre ora la priorità dell’occidente dovrebbe essere sostenere l’Ucraina, nel medio e nel lungo periodo servirà una strategia sulla Russia. Siamo passati facilmente (e pigramente) dalla compiacenza all’indignazione. Siamo sconvolti del fatto che i russi abbiano creduto alla propaganda di Putin, dimenticando che non sono gli unici a convivere con le bugie. Da un sondaggio condotto nel 2015, a più di dieci anni dall’invasione statunitense dell’Iraq, è emerso che più del 52 per cento degli spettatori di Fox News ancora credeva che in Iraq erano state trovate armi di distruzione di massa. Ricordiamoci inoltre che l’entusiasmo per Putin visto come difensore dei “valori europei” era più forte in alcuni ambienti occidentali che in Russia.

Nel suo romanzo del 2006 La giornata di un opričnik, lo scrittore russo Vladimir Sorokin immagina per il futuro del suo paese una teocrazia in stile medievale in cui è restaurata la monarchia e l’ideologia ufficiale è una specie di misticismo favorevole alla corruzione. Una muraglia divide la Russia dall’occidente, tutti i beni provengono dalla Cina e tutte le idee emergono da un passato inventato. È facile immaginare la Russia di domani molto simile agli incubi di Sorokin. L’Europa non si sentirà mai al sicuro condividendo un confine con un paese simile. Voltare le spalle a quei russi abbastanza coraggiosi da opporsi al conflitto, o perfino a quelli che non hanno la forza di volontà per opporsi ma hanno la dignità di non sostenerlo, sarebbe un errore strategico.

Dopo la fine della guerra fredda, l’occidente ha dato per scontato che la Russia avrebbe seguito la strada della Germania post-bellica. Ma negli ultimi dieci anni il suo comportamento somiglia più a quello della Germania dopo la prima guerra mondiale. Trent’anni fa molti in occidente erano convinti che un futuro democratico fosse l’unico percorso possibile per la Russia post-sovietica. Ora stiamo commettendo un errore simile, pensando che una Russia dopo Putin potrebbe essere solo la sua Russia con un altro uomo forte al potere. ◆ gim

Ivan Krastev
dirige il Centre for liberal strategies di Sofia, in Bulgaria. Il suo ultimo libro uscito in Italia è Lezioni per il futuro. Sette paradossi del mondo nuovo (Mondadori 2020). Questo articolo è uscito sul Financial Times.

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Questo articolo è uscito sul numero 1452 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati