Gabriela Wiener
Sanguemisto
La nuova frontiera, 192 pagine, 17,90 euro

Sanguemisto, che comincia con una serie di considerazioni molto attuali sui musei europei – in particolare quelli etnografici – che detengono opere provenienti dal cosiddetto sud globale, è un romanzo postcoloniale. Il trisavolo della protagonista è Charles Wiener, un tombarolo che nel 1876 sbarcò in Perù. A lui è dedicata una sala del Musée du quai Branly, il grande museo etnografico parigino, ma i suoi successi sono oscurati dal suo più grande fallimento: non aver scoperto Machu Picchu. È un antenato di cui l’autrice, a dispetto della glorificazione portata avanti dagli altri discendenti, si è sempre vergognata. La morte del padre la spinge a riprendere le fila del suo passato: è una ricerca identitaria che passa attraverso il colonialismo, il corpo, la relazione poliamorosa e l’idea di famiglia. È anche un’indagine su Wiener, su chi fosse quest’uomo che ha cambiato il proprio nome, che ha cercato di sbiancarsi, di passare alla storia. Alla fine resta il dubbio che tutta la progenie si sia concentrata sulla figura sbagliata: “C’è un’alta possibilità che siamo invece discendenti di María Rodríguez, quella donna di cui non sappiamo nulla”. Sono sempre restia a dire che alcuni romanzi sono necessari, ma di questo ne avevamo bisogno. Ne vale la pena, anche solo per l’ironia caustica dell’autrice, che ha il grande pregio di riuscire a far ridere ad alta voce. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati