La vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni in Italia s’inserisce nell’ascesa dei movimenti populisti di estrema destra in Europa. Questi movimenti condividono l’ostilità verso gli immigrati e l’islam, l’euroscetticismo e la difesa di un’identità nazionale se non addirittura, paradossalmente, europea. Si differenziano, tuttavia, per il loro rapporto con il cristianesimo, nonostante facciano spesso riferimento all’identità o alle radici cristiane europee.

Nel Nordeuropa questo riferimento si manifesta come opposizione: serve a fare dell’islam “l’altro” per eccellenza, ma non implica la promozione di norme o valori cristiani. I populisti nordeuropei accettano l’evoluzione della società e non si concentrano più sulla lotta all’aborto o ai matrimoni omosessuali. In Francia, Marine Le Pen si avvicina a questo modello: fa della laicità il fulcro dell’identità francese e non mette in discussione l’aborto.

È lecito chiedersi se la flessibilità del sistema politico italiano non consenta una forma d’integrazione dei populisti all’interno dei vincoli europei

Può darsi che questo modello laico, contro i migranti, illiberale ma libertario si stia diffondendo a sud: lo stile di vita dei dirigenti populisti è quello della loro generazione, cresciuta nel permissivismo (anche Giorgia Meloni, che difende la famiglia, ha dimenticato di sposarsi e non ha nulla della casalinga). La chiesa quindi non ha grossi problemi a prendere le distanze da loro. Tuttavia nell’Europa meridionale e orientale i populisti sostengono spesso la lotta all’aborto e al matrimonio per tutti, facendo leva sulla difesa della vita, un tema al centro dei due pontificati precedenti a quello di Francesco.

La vittoria di Meloni fa luce sul rapporto tra chiesa e populismo. La chiesa italiana si divide tra due poli: quello che mette al primo posto le norme religiose (aborto e famiglia) e quello che insiste sulla carità (accoglienza dei migranti). Ma questa divisione non si è manifestata nelle scelte elettorali. La chiesa non ha dato indicazioni di voto, nemmeno in maniera discreta. Di recente però ha mostrato un’apertura nei confronti di Meloni. Perché?

La chiesa cattolica italiana ha sempre respinto Matteo Salvini, più per il suo comportamento che per il programma politico. Il suo partito, la Lega, era inizialmente avvolto in un’atmosfera neopagana; durante le ultime campagne elettorali Salvini ha esibito simboli cristiani, ma li ha usati in modo quasi blasfemo, associandoli a discorsi d’odio e a posture volgari, una cosa che ha scandalizzato i vescovi. Tanto più che Salvini (al pari di Silvio Berlusconi) non è certo un’incarnazione delle virtù cristiane. Grandi movimenti cattolici come Comunione e liberazione (considerato di destra) e la Comunità di sant’Egidio (più di sinistra) l’hanno tenuto a distanza e non hanno esitato a sostenere altri candidati della Lega. Meloni, invece, non è oggetto di simili sospetti. Comunione e liberazione l’ha accolta nel suo meeting di Rimini, così come ha ospitato Mario Draghi. E la Conferenza episcopale italiana (Cei), presieduta dal cardinale Zuppi, da tempo legato alla Comunità di sant’Egidio, si è dimostrata aperta al dialogo con Meloni.

Perché questa disponibilità? La leader di Fratelli d’Italia si dichiara cattolica, ma non si fa sostenitrice del cristianesimo, evitando così di comprometterlo. La chiesa non vuole politici che si dichiarano dei “supercristiani”: vuole dei cattolici “normali”, perché desidera riservare a sé l’autorità di stabilire cosa significa essere cattolici. Meloni è conservatrice, difende i valori della famiglia ma non parla in nome del cristianesimo. Il passato fascista del suo partito non rappresenta un vero problema: da un lato lei lo rifiuta, dall’altro Mussolini è anche l’uomo dei Patti lateranensi, che posero fine al conflitto tra lo stato e la chiesa. I due punti di scontro sarebbero l’Europa e i migranti. La chiesa è a favore dell’Europa, ed è divisa sull’accoglienza dei migranti, ma ci tiene a mantenere l’apparenza della carità.

La realtà è che, nonostante la vittoria clamorosa, il margine di manovra di Meloni è limitato. Il sistema parlamentare italiano fa sì che qualsiasi governo converga verso il centro. Meloni ha dichiarato che l’Italia rimarrà in Europa. Non c’è scelta e gli italiani lo sanno. Anche sull’immigrazione serve la cooperazione europea. Ovviamente non si registreranno progressi sullo ius soli, non ci sarà maggiore libertà sull’aborto o sulla procreazione assistita, ma è difficile che si torni indietro su quanto è stato raggiunto. Infine non va dimenticato che in Italia le competenze degli enti locali sono molto più ampie che in Francia. Insomma è lecito chiedersi se la flessibilità del sistema politico italiano non consenta una forma d’integrazione dei populisti all’interno dei vincoli europei.

In questo sistema di compromessi e di giochi sottobanco, che ha coinvolto anche il Movimento 5 stelle, i vescovi e le personalità cattoliche italiane hanno un ruolo da svolgere, lontani da un Vaticano che rimane fuori dalla politica, sia per convinzione sia per impotenza. ◆ ff

Questo articolo è uscito sul quotidiano cattolico francese La Croix.

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Questo articolo è uscito sul numero 1481 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati