Donald Trump ha dichiarato una guerra economica ai vicini degli Stati Uniti e ad alcuni alleati stretti. Ha imposto, per poi sospenderli temporaneamente, dazi del 25 per cento sulla maggior parte delle importazioni da Canada e Messico, mentre l’Europa è stata avvertita che anche sulle sue merci stanno per arrivare nuove tariffe doganali. Il secondo mandato di Trump sta mettendo davanti a tutto la difesa degli interessi statunitensi, in particolare quelli di alcune delle persone più ricche del mondo: i miliardari della Silicon valley.
Da anni l’oligarchia tecnologica inquadra l’industria attraverso le lenti della geopolitica e cerca d’ingraziarsi l’estrema destra. È un’operazione pensata non solo per liberare il settore da ogni responsabilità, ma anche per farne un elemento centrale in qualunque strategia di difesa del potere di Washington in un mondo sempre più multipolare. Ora quei miliardari usano l’amministrazione non solo allo scopo di rimodellare a loro piacimento il governo statunitense, ma anche per difendere il potere dell’industria tecnologica contro la concorrenza cinese e la regolamentazione in altri paesi occidentali.
La situazione dimostra che avere permesso alle aziende statunitensi di dominare l’economia di internet in gran parte del mondo è stato un errore. I danni causati ai lavoratori, agli utenti e alla società nel suo complesso hanno già evidenziato i problemi di questo modello basato sulla quasi assenza di regole. Ma oggi più che mai è chiaro che così non si può andare avanti, e i tradizionali alleati degli Stati Uniti devono unirsi non solo per affrontare la loro industria tecnologica, ma anche per proteggersi da una superpotenza in declino che vuole fare come le pare a spese degli amici di ieri.
Gli Stati Uniti usano da tempo il loro potere per promuovere gli interessi della Silicon valley. Bill Clinton privatizzò internet e facilitò la crescita finanziarizzata del settore tecnologico. Barack Obama usò la diplomazia per espandere il mercato per queste aziende. Il primo Donald Trump ha portato avanti la politica d’inserire clausole favorevoli alla Silicon valley negli accordi commerciali, mentre Joe Biden ha fermato i tentativi di tassarla nel mondo.
Perfino nei periodi in cui la Silicon valley ha fatto credere alle persone di avere rapporti tesi con il governo, il sostegno non le è mai mancato. Oggi questo sostegno, e il conservatorismo del settore, stanno tornando alla ribalta perché i miliardari vedono un’opportunità di conquistare le leve del potere statale per i loro obiettivi. Elon Musk ha già avviato questo processo, non solo spendendo milioni di dollari per comprarsi un rapporto privilegiato con il presidente, ma anche impossessandosi di alcune agenzie governative fondamentali per la burocrazia statale.
Non voglio minimizzare le conseguenze che questo avrà negli Stati Uniti. L’espansione del potere dei miliardari fascisti del settore tecnologico, accompagnata da un attacco ai diritti delle minoranze, si sta già dimostrando devastante. Ma in questo articolo mi voglio concentrare su chi sta fuori dagli Stati Uniti.
Washington ha costruito le istituzioni internazionali che oggi conosciamo non per altruismo, ma per espandere il suo potere. Ha costretto paesi in ogni parte del mondo ad abbattere le barriere commerciali in modo che le aziende occidentali potessero dominare le economie locali, riportando i profitti a casa propria. È questo che ha fatto la Silicon valley, anche con gli alleati occidentali.
Permettere alle aziende statunitensi di dominare l’economia di internet è stato un errore
Fino alla presidenza di Biden gli Stati Uniti hanno sostenuto questo ordine globale perché sapevano che il costo per mantenerlo era minimo in confronto ai benefici che procurava.
Con Trump, però, non è più così. L’attuale presidente ha una visione più limitata delle dinamiche internazionali. Washington è ancora potente, ma non sta reagendo bene al suo relativo declino, mentre la Cina e altri paesi si stanno ritagliando una maggiore influenza. Oggi gli Stati Uniti progettano di promuovere i loro interessi in modo più aggressivo. Trump ha mandato in confusione i leader europei con la sua determinazione a impossessarsi della Groenlandia, e sta suscitando gli stessi effetti con il suo tentativo di controllare il canale di Panamá. Nel discorso inaugurale della sua presidenza ha dichiarato che il “destino manifesto” degli Stati Uniti è tornato e il paese ricomincerà a espandersi. Questo impulso imperiale va contrastato, esattamente come quello della Russia o di Israele, anche quando si tratta di imperialismo economico, in particolare oggi che il suo funzionamento è legato alla tecnologia digitale.
Quando Mark Zuckerberg ha abbandonato il fact-checking sulle piattaforme della Meta, non stava solo cercando di ingraziarsi Trump. Zuckerberg è stato molto chiaro sulla necessità di fermare il tentativo dell’Unione europea e di altri governi d’imporre delle regole alle aziende tecnologiche statunitensi. Tim Cook, amministratore delegato della Apple, ed Elon Musk, hanno detto la stessa cosa.
La diffusione globale di internet è stata per molto tempo interpretata come un modo per espandere la libertà d’espressione e altri diritti, ma è stata in parte una copertura per qualcos’altro, la cosa che contava di più per Washington: l’imperialismo economico. La diffusione di internet ha permesso alle aziende tecnologiche statunitensi che avevano un vantaggio iniziale nel settore di espandersi in tutto il mondo, parallelamente a una narrazione secondo cui internet sarebbe dovuta rimanere privata e non troppo regolamentata. Le aziende statunitensi sono state libere di agire a loro piacimento e l’intelaiatura economica che le sosteneva si è rafforzata.
Il governo statunitense ha sempre considerato il dominio tecnologico uno strumento per potenziare il suo potere globale. Con la crescita delle sue aziende, per le startup locali in altri paesi diventava sempre più difficile competere. Tutto questo mentre le idee statunitensi su internet e questioni come la libertà di espressione venivano usate per restringere la capacità dei governi di agire nell’interesse dei cittadini. Nessuno voleva essere accusato di essere contro l’innovazione o i diritti. Ma negli ultimi anni i danni di quel compromesso sono diventati più difficili da ignorare e non si tratta del complottismo e della disinformazione diffusi sui social media o dell’attacco ai diritti dei lavoratori. Ci sono le conseguenze dell’aver permesso agli Stati Uniti di controllare le aziende che condizionano l’economia mondiale e per questo oggi hanno un valore enorme e forse esagerato.
L’unico paese a contrastare questo dominio è la Cina, in parte perché ha rifiutato le tesi statunitensi su internet. La “grande muraglia digitale”, spesso considerata un sistema di censura, ha protetto la concorrenza locale finché questa non ha raggiunto le dimensioni necessarie per reggere la concorrenza statunitense. In altri settori da tempo è stato riconosciuto che le barriere commerciali sono state uno strumento importante, al punto che gli Stati Uniti le stanno adattando.
Mentre Washington dichiara guerra agli amici di ieri, è arrivato il momento di mettere un freno al suo potere globale. Invece di permettergli di bullizzare e minacciare altri paesi, gli alleati occidentali dovrebbero unirsi al sud globale non solo per rimettere in riga il governo di Trump, ma anche per fronteggiare una volta per tutte il potere di un’industria tecnologica fuori controllo.
Mentre Washington dichiara guerra agli amici, è il momento di mettere un freno al suo potere
Ritagliarsi uno spazio di sovranità digitale non sarà semplice. Richiederà rigide regolamentazioni (se non divieti) su alcuni prodotti tecnologici statunitensi, investimenti pubblici per costruire un’alternativa che non riproduca il modello della Silicon valley, e cooperazione internazionale.
L’oligarchia tecnologica ha fatto capire che userà la propria influenza per fare in modo che l’amministrazione statunitense punisca qualunque paese provi a porre dei vincoli alla Silicon valley. Ma visto che Trump sta già attaccando gli alleati tanto vale andare avanti su questa strada. L’era del dominio statunitense è al tramonto, ma Washington non accetterà il suo declino senza cercare di trascinare gli altri nella sua caduta. Questo non vuol dire che gli altri debbano stare a guardare.
Nel frattempo, i miliardari del settore tecnologico tentano d’intervenire nella vita politica interna di altri paesi per contrastare i governi sgraditi e favorire l’ascesa dei partiti di estrema destra funzionali ai loro interessi. È un altro motivo per costruire un’alleanza contro gli Stati Uniti. Trump ha quattro anni a disposizione per gettare il mondo nel caos e il miglior modo per fermarlo è mostrargli che l’ordine internazionale non glielo permetterà. È il momento di agire. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1600 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati