I l 24 agosto, prima di lasciare il paese per partecipare ai funerali della regina Elisabetta II, il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto un discorso inquietante durante una riunione con i suoi ministri. “Credo che stiamo vivendo un punto di svolta o un grande sconvolgimento. In primo luogo perché stiamo vivendo la fine, o quella che potrebbe essere la fine, dell’abbondanza. Di prodotti tecnologici, dell’abbondanza di terra e materie prime, acqua compresa”. Le parole di Macron hanno attirato la mia attenzione. Abituata alle dichiarazioni dei leader pachistani, per i quali l’abbondanza risiede in un futuro costantemente rinviato, mi sono chiesta quale imperativo politico avesse spinto il presidente francese a parlare così.

In Europa le cose non vanno bene e i francesi negli ultimi mesi hanno affrontato una serie di disastri naturali come incendi e inondazioni. A sua volta la Commissione europea ha lanciato un avvertimento: due terzi del continente sono stati colpiti dalla peggiore siccità “da almeno cinquecento anni”. Con il presidente russo Vladimir Putin fermo sull’intenzione di sospendere le forniture di gas naturale ai paesi della Nato, Macron e i suoi colleghi dell’Unione europea dovranno preparare i loro cittadini, abituati a risorse abbondanti, a un periodo di relativa penuria. Dal dopoguerra la Francia e la Germania non hanno quasi mai dovuto battere i denti per il freddo e non hanno mai avuto problemi a riscaldare le case. Un inverno del genere è materia per la letteratura e ricorda periodi come la rivoluzione industriale.

Quando il costo dell’energia aumenta, sale anche quello di tutto il resto. Tanti, dai ristoranti stellati di Londra alle piccole imprese europee, annunciano chiusure

I primi operai europei vissero la disperazione di emigrare dalle fattorie alle città e di lavorare in officine squallide per poter raggiungere quel futuro di “abbondanza” di cui Macron ha annunciato la fine. Ma è pur vero che la rivoluzione industriale di cui si parla con tanto affetto in occidente fu il prodotto di saccheggi e uccisioni nel resto del mondo. Gli europei che non lavoravano nelle fabbriche e non avevano troppi vincoli in patria partivano per le colonie, dove riducevano in schiavitù asiatici e africani. Così i paesi occupati furono trasformati in esportatori di materie prime: economie intenzionalmente non diversificate, in grado di garantire che il popolo non si sarebbe ribellato o avrebbe cacciato gli stranieri. Senza i francesi, i tedeschi, gli inglesi o gli olandesi che compravano le loro merci, milioni di persone sarebbero sicuramente morte di fame. L’Europa si sta rendendo conto che l’era dell’abbondanza sta finendo. Quell’era ormai è il passato.

Nel presente le fabbriche francesi hanno già cominciato a fermarsi. Di recente il New York Times ha raccontato la storia della Arc, un’antica azienda produttrice di oggetti in vetro che oggi fa fatica a pagare le bollette necessarie per far funzionare i suoi impianti. Ironia della sorte, la Arc produce oggetti che sono l’emblema della “civiltà” francese: cristalli, bicchieri e calici da champagne che abbelliscono le tavole francesi. E, come scrive il New York Times, “consuma la stessa energia di duecentomila case”. Nell’inverno del 2022 pochi potranno continuare a produrre a quel ritmo.

Se i francesi fanno i conti con la scarsità di energia, i britannici, impegnati a dire addio alla loro regina e a far insediare una nuova prima ministra, sono così impreparati che le persone stanno già cominciando ad accumulare legna da ardere. Si prevede che le bollette nel Regno Unito aumenteranno dell’80 per cento. Con grande dispiacere dei sostenitori della Brexit, nel Regno Unito ci saranno prezzi molto più alti di quelli che ci sarebbero stati se il paese fosse rimasto nell’Unione europea. Come sanno bene i pachistani, quando il costo dell’energia aumenta, sale anche quello di tutto il resto, perché i rincari dell’energia sono scaricati dalle aziende sui consumatori. Tutti, dai ristoranti stellati di Londra ai piccoli imprenditori europei, stanno già annunciando orari limitati o chiusure.

Si dice che i paesi dell’Unione stiano andando verso la recessione, ma le interruzioni di corrente potrebbero essere molto pesanti durante il periodo natalizio, quando è fondamentale che i negozi restino aperti. Soprattutto, è impossibile non chiedersi come tutto questo cambierà l’Europa, l’autoproclamata dispensatrice di civiltà e valori illuministici. Prevarrà il complottismo di estrema destra e finirà la democrazia liberale? Per il momento non lo sappiamo, ma pochi giorni fa il sindaco di Parigi ha annunciato che la Torre Eiffel, di solito illuminata fino all’una di notte, si spegnerà un’ora prima, così come tutti gli altri edifici municipali di Parigi, compresa la piramide del Louvre.

Tempo fa un occidentale in visita a Karachi, in Pakistan, mi ha chiesto perché era tutto così buio. Rimasi sorpresa: per me c’erano molte luci. Solo più tardi ho capito che anche le illuminazioni più brillanti di Karachi non erano all’altezza di quelle europee. Le cose stanno per cambiare. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1480 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati