Do molta importanza alle canzoni che s’intonano durante le pulizie di casa, forse perché ho visto vari musical in cui l’attività domestica diventa un portale verso un’altra dimensione fatta di glitter e scope che si tramutano in aste del microfono. La mia canzone delle pulizie è Alexander Platz interpretata da Milva sul testo di Franco Battiato, eseguita con tanto di afflato drammatico. La livida dolenza operistica della bidella con le borse sotto gli occhi e il gesto di fare i letti ora si sono trasformati in qualcos’altro, alla luce del cortometraggio sperimentale Valery Alexanderplatz di Silvia Maggi, in cui si racconta la storia all’origine della canzone e quella dell’attivismo per i diritti lgbtq+.

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Prima della riscrittura di Battiato, Alexander Platz s’intitolava Valery ed era stata scritta e cantata nel 1978 da Alfredo Cohen sulle musiche di Battiato e Giusto Pio. Cohen l’aveva scritta per Valery, Valérie Taccarelli, che allora aveva quindici anni, alla quale la bidella faceva ripetere una lezione troppo antica. Anche qui c’è una principessa con le borse sotto gli occhi prigioniera del suo film, l’albeggiare di una donna trans che dedicherà la sua vita alla lotta politica e al movimento di liberazione omosessuale. Nata da un rapporto personale tra Cohen e Taccarelli, di cui il cantautore e attivista aveva percepito la preziosa timidezza, la canzone è esplosa con l’interpretazione di Milva nel 1982, ma il testo originario risulta ancora più struggente e la controcultura bolognese genera un’epica all’altezza di quella berlinese ai tempi della Germania Est. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati