Abbiamo due figli di 14 e 16 anni, due ottimi ragazzi che però mi sembrano l’ombra dei bambini chiacchieroni e affettuosi che erano. Con noi parlano il minimo indispensabile e mi domando se effettivamente hanno poco da raccontare o se invece non sanno condividere le emozioni con noi. Lo chiederei a loro, se sperassi in una risposta.–Micaela
Qualche giorno fa ho visto al cinema Diciannove , il film di debutto del palermitano Giovanni Tortorici. È un racconto intimo e toccante dei suoi diciannove anni, che il regista ha fatto interpretare a Manfredi Marini, un attore, anche lui palermitano, che con la sua recitazione scarna ma intensa mi ha rimesso davanti agli occhi tutta la solitudine che si prova quando si è adolescenti e non ci si sente capiti, spesso neanche da se stessi. Il regista non pretende di fare un racconto generazionale, eppure credo sia un film da vedere per i genitori di figli adolescenti, per ricordarsi dell’infinito universo di emozioni, paure, speranze, frustrazioni, pulsioni e insensatezze che abitano nella testa di ragazzi e ragazze di quell’età. Ascoltando le risposte monosillabiche che il protagonista dà ai genitori preoccupati e ignari delle sue tempeste interiori, ho pensato “anch’io ero così!”. Non c’è modo di sapere esattamente cosa passi per la mente dei vostri figli, forse per ora è meglio rassegnarsi alla loro inaccessibilità e aspettare che vogliano aprirsi di più. Nel frattempo non diminuite il tempo che ci passate insieme, state in silenzio se non c’è alternativa, perché anche la sola presenza fisica può essere una forma di vicinanza.
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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati