Prima delle elezioni Giorgia Meloni aveva assicurato che l’Italia non sarebbe stata “risucchiata in un buco nero”. Negli ultimi sei mesi il suo governo non solo ha evitato questa catastrofe cosmica, ma sostiene di aver fatto perfino di più. Nonostante una difesa autarchica della tradizione culinaria italiana, Fratelli d’Italia (Fdi) è affamato di attenzione internazionale come i partiti che l’hanno preceduto al governo. Il 24 aprile ha affermato su Twitter che “il buon operato del #GovernoMeloni continua a riscuotere grande apprezzamento anche all’estero”, sottolineando che secondo la Cnn “i primi cento giorni sono stati un successo”. Ma i primi cento giorni del governo Meloni si sono conclusi a gennaio, e l’articolo della Cnn si riferiva a quel primo periodo, ammettendo che “era stato considerato un successo” solo per evidenziare il contrasto con gli ultimi tre mesi, in cui la promessa di Meloni di fermare gli sbarchi dei migranti si è dimostrata irrealizzabile.

Ciò non toglie che molte testate internazionali abbiano davvero affermato che la presidente del consiglio ha superato le aspettative. Il 17 aprile il Washington Post ha pubblicato un articolo di Lee Hockstader intitolato “Giorgia Meloni ha smentito chi la criticava”, in cui ricorda che a ottobre qualcuno si chiedeva se il governo “avrebbe mangiato il panettone”. Il quotidiano statunitense inoltre sottolinea che nonostante “le deprecabili origini” di Fdi “e la tendenza a insistere su temi nazionalisti, contro l’immigrazione e contro la comunità lgbt”, il governo è rimasto fedele alla Nato e all’Unione europea e ha mostrato un sostegno “incrollabile” per l’Ucraina. Quest’analisi riflette la gerarchia delle priorità di Washington, per cui la cosa più importante è la collocazione internazionale dell’Italia. La tendenza di Meloni a caratterizzare in modo razziale le sue politiche può essere sminuita a retorica elettorale, ma in realtà, come ha dimostrato il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, la campagna contro la “sostituzione etnica” è ancora in corso, insieme a iniziative concrete per rimuovere la “protezione speciale” per i migranti.

È vero che Giorgia Meloni non è più una outsider destabilizzante, ma questo dipende dal fatto che la “destra radicale” è un soggetto sempre più centrale nella politica europea

Ancora più preoccupante è che critiche fondate siano ridotte a mero allarmismo. Se gli studiosi definiscono Fratelli d’Italia un partito di estrema destra o postfascista non è solo per contrapporre populisti e competenti, ma perché riconoscono che il suo programma è fondato sull’etnonazionalismo, sulle teorie del complotto e su un’ossessione per il declino e l’estinzione di una civiltà, per il tasso di natalità, per il ruolo materno delle donne e per la famiglia “naturale”. A questo si aggiunge uno stridente revisionismo storico secondo cui l’Italia è costantemente minacciata dall’esterno, dai partigiani di Tito fino a George Soros. Questi temi continuano a dominare la comunicazione e l’attività legislativa del governo.

C’è una divisione dei compiti nella strategia di marketing di Fratelli d’Italia: mentre Meloni interpreta il ruolo della statista rispettabile, i suoi ministri aizzano la base con una provocazione dopo l’altra. È proprio quello che temeva chi criticava l’arrivo dei “post-fascisti” al potere: una lenta e strisciante normalizzazione delle teorie etnonazionaliste, che è partita dall’Italia ma si sta diffondendo anche in Europa.

È vero che Meloni non è più una outsider destabilizzante, ma questo, come ha scritto il Guardian, dipende dal fatto che la “destra radicale” è un soggetto sempre più centrale nella politica europea. Non solo partiti simili a Fratelli d’Italia sono al governo (in Polonia) o sostengono esecutivi di centrodestra (in Svezia, e presto forse anche in Spagna), ma il Partito popolare europeo (Ppe) considera ormai i Conservatori e riformisti europei, di cui fa parte Fdi, un interlocutore rispettabile. I giornali vicini a Meloni parlano con entusiasmo della possibile nascita di una coalizione di “centrodestra” a livello europeo dopo il 2024.

Meloni ha detto che si è ritrovata a guidare l’Italia “nel momento più complesso dalla fine della seconda guerra mondiale”, ma il suo governo non ha dovuto affrontare la pandemia, le tensioni sociali né la violenza politica. Se si riferiva alla guerra in Ucraina, in realtà il conflitto le ha offerto l’occasione per legittimare il suo ruolo nell’alleanza occidentale. Invece di moderare le loro posizioni, oggi i governi di Roma e Varsavia sono sdoganati. Sono lontani i giorni in cui i ministri degli esteri europei si rifiutavano di stringere la mano ai loro colleghi di Alleanza nazionale, il partito da cui è nato Fratelli d’Italia.

In Italia l’estrema destra avanza da tempo. Non si tratta di un’improvvisa rivolta populista, ma di una battaglia per l’egemonia che va avanti da decenni. Il fatto che i mezzi d’informazione internazionali accettino passivamente l’autoassoluzione di Meloni è un segnale preoccupante dell’incapacità dell’Europa di difendersi da un’ulteriore avanzata dell’estrema destra nel continente. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1509 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati