Ci caschiamo sempre. Arriva l’invenzione della stampa e apriti cielo. Per un bel po’ di secoli s’è gridato: è finita l’epoca dei dotti, è finita la dignità e la reputazione delle anime nobili; la sovrabbondanza di libri crea confusione e i veri colti saranno spazzati via da gente di poco intelletto che una volta era destinata alla zappa e oggi legge, scrive e stampa sciocchezze. Arriva la penna a sfera e il tramonto del calamaio, apriti cielo. Per un po’ di decenni s’è gridato: è morta la calligrafia e con lei è morto il tempo pensoso che lo scrivente si prendeva quando portava il pennino all’inchiostro; ora, con la volgarissima biro, si scriveranno solo frasi insulse e indecifrabili. E che dire delle previsioni apocalittiche che hanno causato i computer e la scrittura elettronica? Oggi è il turno dell’intelligenza artificiale la quale, più che il solito rischioso prodotto tecnico delle nostre intelligenze naturali, sta diventando l’ennesimo principio della fine. Può essere, certo: l’umanità è sempre in pericolo, si pensi a come la guerra tra interessi contrapposti ci ha sospinti piano piano dalla clava all’atomica. Ma sul serio vogliamo rimpiangere i prodi massacratori di una volta, la penna d’oca, la carta copiativa? Abbiamo la tendenza a perdere la testa con la stessa facilità con cui poi la recuperiamo, ci adattiamo e ci pare di essere vissuti sempre così.

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Questo articolo è uscito sul numero 1507 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati