C’era, sei mesi fa, chi si diceva sicuro che la prassi di governo avrebbe addomesticato Giorgia Meloni e camerati. Non pare che le cose stiano andando così. Anche se la parola d’ordine è stata ed è tuttora “per favore, non ci facciamo riconoscere”, si ha fin troppo spesso l’impressione che parecchi tra i governanti concepiscano un unico semplice disegno: tornare a prima del rinascimento o, se non si può, a prima della rivoluzione francese. Hanno naturalmente pensatori di tutto rispetto che fanno da sempre ragionamenti un po’ più complicati sui guai della modernità. Ma il maschio agire politico di chi oggi ci governa vuole andare al sodo, e il sodo è che nel mondo immondo nato con la fine del feudalesimo la gente mal riuscita si è sentita sempre più in diritto di mettere i bastoni tra le ruote di quella ben riuscita. Si tratta di due categorie significative. I mal riusciti sono i poveri, i neri, i disobbedienti, i molli intellettuali, gli omosessuali e i loro figli, i miscredenti, eccetera. I ben riusciti sono i ricchi, i bianchi, gli obbedienti, gli uomini duri, i credenti nel solo vero dio, eccetera. L’obiettivo politico è restituire definitivamente il timone ai ben riusciti. Una raddrizzata di rotta l’aveva già data l’unica rivoluzione lodevole, quella fascista. Nel celebrare il 25 aprile, il governo inaugurerà, di fatto, la festa di liquidazione dell’antifascismo.

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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati