La vendita di orologi con in primo piano le unghie smaltate della conduttrice che ne magnifica i dettagli; le prodezze del _tapis roulant _elencate con la solennità dei dieci comandamenti; il talk show senza dibattito sui mali del capitalismo, dominato da un logo rosso da pieno novecento; il medico radiato dall’ordine che discetta sull’immortalità con ricette magiche e testimonianze prezzolate. Le tv locali, su cui volenti o nolenti c’imbattiamo nell’ozioso scanalare tra le reti maggiori, ora che tutti i contenuti si confondono nella fluidità, se un tempo potevano essere oggetto di stizzite analisi sociologiche, appaiono oggi come efficaci dispositivi di fuga, zone d’ombra per ripararsi dalla canicola. Con il tono da commedia d’agosto, l’umanità “locale” conserva il talento di filosofeggiare intorno al nulla come in un’eterna partita a briscola. Se la tv fosse la mappa delle vacanze che meritiamo, sulle ammiraglie (Rai 1 e Canale 5) troveremmo le ricche metropoli che valgono la replica, nelle altre i luoghi delle nostre vacanze intelligenti e su Rai 5 la baia deserta con concertino annesso. Ma solo sulle reti locali, nella reiterazione senza colpi di scena, nelle inquadrature ostinate come il frinire delle cicale, nel ciarlare compulsivo da stabilimento adriatico, riscopriremo le nostre estati analogiche, il tempo diluito a cui abbandonare il corpo, come in una cocomerata d’immagini, senza ansie per il prima e per il dopo. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1470 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati