Contare, sosteneva Platone, è la capacità per sopravvivere. Il neurobiologo Andreas Nieder, dell’università di Tubinga, in Germania, ha analizzato quasi 150 articoli scientifici recenti su come le differenti specie animali capiscono e usano i numeri. E ha concluso che “la competenza numerica è presente in quasi ogni ramo dell’albero della vita animale”. Le api, per esempio, per orientarsi ricordano il numero esatto dei punti di riferimento che sorvolano durante i viaggi dall’alveare ai campi di fiori. Le formiche del deserto (Cataglyphis fortis) contano i loro passi per tenere traccia di quanto si sono allontanate dal formicaio in cerca di cibo. Sono solo due esempi tra tanti. Altre specie devono conoscere il numero esatto di animali nel loro branco per cacciare specifiche prede. Per esempio, per cacciare un alce o un wapiti sono necessari da sei a otto lupi, invece una caccia al bisonte richiede un branco composto da un minimo di nove esemplari e può arrivare fino a tredici. Quindi gli animali non solo contano (discriminano fino a tre quantità, come i bambini piccoli) ma super-contano (come gli adulti). Contare è la condizione di possibilità dell’intelligenza complessa, e anche della percezione e sopportazione del tempo: per esempio dei secondi che passano, inesorabili, in una delle tante gabbie in cui chiudiamo gli animali. Li costringiamo a contare all’infinito mentre noi, fuori, ormai usiamo la calcolatrice anche per comprare due cipolle al mercato. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati