L’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) avrebbe dovuto riunirsi il 3o novembre per discutere di una sospensione temporanea dei brevetti farmaceutici durante la pandemia, che permetta ai paesi poveri di avere gli stessi test, cure e vaccini disponibili nei paesi ricchi. Ma l’incontro della Wto è stato rimandato, a causa dell’emergere della variante omicron, rilevata dagli scienziati in Sudafrica. Un crudele promemoria di quanto la questione interessi poco all’occidente.

Quasi tutti sono d’accordo sul fatto che vaccinare tutto il mondo sia l’unico modo per mettere fine alla pandemia. Più è alto il tasso di vaccinazione, meno possibilità ci sono che il virus sviluppi pericolose mutazioni. La variante delta era stata individuata in India, dove in quel momento era vaccinato meno del 3 per cento della popolazione. Oggi l’Africa ha i tassi di vaccinazione più bassi del mondo: il 7 per cento.

Ad aprile un senatore ha presentato una proposta di legge che permetterebbe di scavalcare i monopoli sulla produzione di vaccini contro il covid-19

Nei paesi più poveri non ci sono abbastanza dosi disponibili. Le donazioni non hanno risolto il problema, perché nessuno stato possiede i surplus vaccinali da miliardi di dosi di vaccino che sarebbero necessari. Neanche la filantropia è bastata. Il Covax, il programma globale per la distribuzione dei vaccini contro il covid-19, aveva promesso di spedire due miliardi di vaccini ai paesi poveri entro la fine del 2021, ma ne ha inviati solo un quarto.

Il mondo inoltre non sta producendo tutti i vaccini che potrebbe. Ogni azienda che ne ha la capacità dovrebbe farlo. Ma dopo aver pagato Moderna, Johnson & Johnson e Pfizer-Biontech per sviluppare i loro sieri, i governi di Stati Uniti e Germania non vogliono costringere queste aziende a condividere la loro tecnologia. Se i governi non cambieranno la loro posizione, le aziende continueranno a sfruttare il potere monopolistico garantito dall’accordo Trips, voluto dalla Wto per tutelare gli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale nel mondo. Secondo la direttrice generale della Wto, Ngozi Okonjo-Iweala, la proposta di una sospensione del Trips è “bloccata”. Anche se i paesi ricchi contrari sono pochi, l’opposizione basta a rendere impossibile una soluzione.

Ma mentre l’Organizzazione mondiale del commercio tergiversa, qualcuno in Brasile ha preso la questione di petto, fornendo una possibile via d’uscita dalla crisi. Ad aprile il senatore Paulo Paim ha presentato una proposta di legge che permetterebbe al paese di aggirare il Trips. La proposta si fonda sull’idea che l’articolo 73 dell’accordo fornisca a ogni governo l’autorità necessaria per sospendere i diritti di proprietà intellettuale. Se quest’opzione è già disponibile, perché tanti paesi aspettano ancora l’autorizzazione della Wto? La risposta è che, fin dalla creazione dell’organizzazione, i paesi ricchi hanno punito quelli in via di sviluppo quando hanno provato a prendere l’iniziativa su questioni del genere. Quando negli anni scorsi Sudafrica, Brasile, India e Thailandia hanno cercato di scavalcare i monopoli che rendevano troppo costosi i farmaci antiretrovirali contro l’Hiv , gli Stati Uniti e l’Unione europea si sono opposti e in alcuni casi li hanno perfino portati in tribunale.

L’attuale proposta di sospensione, quindi, sarebbe come se i ragazzi più grandi promettessero ai più piccoli di non bullizzarli durante la ricreazione. Il disegno di legge brasiliano rappresenta invece un’altra opzione: le vittime di bullismo potrebbero prendere il controllo della situazione. La nuova legislazione è stata approvata sia dalla camera sia dal senato. A settembre il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha firmato la legge, ma ha usato i suoi poteri di veto per riscrivere o eliminare alcune clausole fondamentali, come quelle che specificavano quando e come sarebbe entrata in vigore, e quelle che imponevano alle case farmaceutiche di condividere conoscenze, dati e materiale biologico. Così la legge è tornata al senato, che ha l’autorità di cancellare gli interventi del presidente. Ma i senatori non hanno rispettato la scadenza per correggere la legge, e non sono riusciti a fissarne un’altra. Ora il senato dovrà agire rapidamente per eliminare l’incertezza creata dalle modifiche di Bolsonaro, oltre che la resistenza delle case farmaceutiche statunitensi ed europee, i cui dirigenti hanno minacciato addirittura di tagliare le forniture vaccinali al Brasile. Deputati e senatori brasiliani devono rimanere concentrati sull’obiettivo. La loro proposta di legge smantellerebbe i monopoli delle case farmaceutiche e l’esempio del Brasile potrebbe essere seguito da altri paesi.

Quanto agli stati più ricchi, resta da capire quanta credibilità sono disposti a perdere pur di permettere a poche aziende di continuare a fare profitti. Siamo in guerra su due fronti: contro il covid-19 e contro le case farmaceutiche, i cui profitti dipendono da prezzi alti e produzione limitata. Prima o poi capiremo, come ha fatto il Brasile, che non possiamo vincere sul primo fronte se non ci imponiamo sul secondo. ◆ ff

joseph stiglitz
insegna economia alla Columbia university. È stato capo economista della Banca mondiale e consulente economico del governo statunitense. Nel 2001 ha vinto il premio Nobel per l’economia.

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Questo articolo è uscito sul numero 1439 di Internazionale, a pagina 44. Compra questo numero | Abbonati